Referendum abrogativo, anticipare l’ammissibilità?

Riforme. Una proposta di legge del Pd a seguito del boom di firme online. Mentre il quesito sulla cannabis vola

Da Il Manifesto 16.09.2021
A. Fab.

La raccolta delle firme per il referendum che punta alla depenalizzazione di uso e coltivazione della cannabis ha già centrato l’obiettivo minimo. Nel primo pomeriggio di ieri, quarto giorno di raccolta con la nuova modalità di sottoscrizione online, i promotori hanno annunciato la soglia delle 420mila firme, il che significa che oggi arriverà la notizia che quota 500mila è stata raggiunta. A tempo record e proprio questa rapidità, al di là del merito del referendum, produce qualche riflessione in parlamento. Ieri il presidente della commissione affari costituzionali del senato, Dario Parrini (Pd) e il capogruppo dello stesso partito in prima commissione alla camera, Stefano Ceccanti, hanno annunciato la presentazione di una proposta di legge per anticipare il giudizio di ammissibilità dei referendum della Corte costituzionale.

Si teme, cioè, visto il successo del nuovo strumento di firma che in un colpo solo ha travolto le complicate procedure previste da una legge di cinquant’anni fa (per le quali l’Italia per iniziativa dei radicali era stata censurata dal comitato dei diritti umani dell’Onu), che alla Corte costituzionale possano arrivare numerosissime richieste di referendum, anche palesemente non ammissibili (tra poco la piattaforma per la firma online sarà a costo zero per i promotori). E dunque si vuole mettere al riparo la Corte da decisioni che per quanto scontate potrebbero diventare impopolari di fronte a milioni di firme.

La Costituzione all’articolo 75 prevede un elenco di leggi per le quali il referendum abrogativo non è ammissibile e una corposa giurisprudenza costituzionale ha allargato e definito questo elenco. La proposta di legge che sarà presentata da Ceccanti alla camera prevede che la Corte anticipi dunque il giudizio di ammissibilità al momento in cui la proposta di referendum avrà raccolto 100mila firme rispetto alle 500mila necessarie (da raccogliere in tre mesi). Una soglia che si considera indicatrice di «un consenso minimo sufficiente» e che però proprio il caso del quesito sulla cannabis dimostra che può essere raggiunta in poche ore. «La crescita della partecipazione è una ricchezza per il sistema, anche per sollecitare il parlamento a rispondere alle domande della società – hanno dichiarato Parrini e Ceccanti – tuttavia questi cambiamenti impongono un’attenta considerazione per possibili squilibri costituzionali. In questa fase finale della legislatura vale la pena di concentrarsi su proposte a Costituzione immediata».

La camera dei deputati © LaPresse