Commemorazione del Presidente Scalfaro presso la Camera dei Deputati

Bozze non corrette in corso di seduta

XVI LEGISLATURA – CAMERA DEI DEPUTATI

Resoconto stenografico dell’Assemblea

Seduta n. 580 di mercoledì 1 febbraio 2012

Commemorazione del

Presidente emerito della Repubblica Oscar Luigi Scàlfaro

PRESIDENTE. (Si leva in piedi e, con lui, l’intera Assemblea e i membri del Governo).

Onorevoli colleghi, come è a tutti noto, il 29 gennaio è venuto a mancare il senatore a vita, Presidente emerito della Repubblica, Oscar Luigi Scàlfaro. Senza alcun rischio di cadere nell’enfasi o nella retorica, si può certamente affermare che il Presidente Scàlfaro…(Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Che succede? Onorevoli colleghi!

Come dicevo, senza alcun rischio di cadere nell’enfasi o nella retorica, penso si possa dire che il Presidente Scàlfaro è stato a pieno titolo uno dei padri della nostra Repubblica. Egli ha infatti ricoperto con rigore, competenza e autorevolezza, durante l’intero arco del suo impegno politico, lunghissimo, le più alte cariche istituzionali: già membro dell’Assemblea costituente e autorevole componente di questa Camera ininterrottamente dal 1948 al 1992, anno in cui ne fu eletto Presidente, membro del Governo, Presidente della Repubblica. Nato a Novara il 9 settembre 1918, laureato in giurisprudenza, entrò in magistratura a soli venticinque anni, impegnandosi nel contempo nella lotta partigiana. Nel solco della più nobile tradizione dell’impegno politico dei cattolici, diede, sin dalla sua creazione, un fondamentale contributo al partito della Democrazia Cristiana, di cui divenne uno dei più illustri esponenti, anche se la sua esperienza politica si sarebbe poi indirizzata in particolar modo verso incarichi e responsabilità di alto profilo istituzionale.

Eletto a ventisette anni all’Assemblea costituente nelle liste della Democrazia Cristiana, contribuì nel corso del dibattito in Assemblea, con le sue competenze di giovane ma brillante magistrato, alla redazione delle disposizioni di cui al titolo IV della Costituzione, in materia di organizzazione e guarentigie della magistratura.

Membro della Camera dalla I alla XI legislatura, ne fu a lungo Vicepresidente e, poi, Presidente. Componente di numerosi organi parlamentari, fu in particolar modo il presidente, nel corso della X legislatura, della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’attuazione degli interventi per la ricostruzione e lo sviluppo dei territori della Basilicata e della Campania colpiti dal terremoto del novembre 1980 e del febbraio 1981. Successivamente, è stato componente del Senato in qualità di senatore a vita.

Nel corso di tutta la sua intensa e appassionata attività di parlamentare, si è sempre impegnato con forza a sostegno e a difesa della centralità del Parlamento e mi piace ricordare come, nel messaggio che rivolse alle Camere in occasione del suo giuramento da Capo dello Stato, ebbe modo di affermare come il primo atto del Presidente della Repubblica dovesse essere di devozione al Parlamento e come sarebbe stato suo dovere stare in fedele ascolto del Parlamento, che è al vertice della costruzione costituzionale della Repubblica e che è il legittimo, doveroso, unico destinatario del dialogo con il Capo dello Stato.

Come uomo di Governo ricoprì numerosi e rilevanti incarichi. Promosse l’approvazione di leggi che contribuirono in maniera significativa al progresso della civiltà giuridica del Paese, tra le quali quella che consentì alle donne l’accesso alla carriera di magistrato e quella che istituì la polizia femminile.

Ministro dei trasporti e dell’aviazione civile dal 1966 al 1968 e nel 1972, Ministro della pubblica istruzione nello stesso anno, lasciò la sua impronta più forte nella prestigiosa funzione di Ministro dell’interno, che esercitò con vigore dal 1983 al 1987, anno in cui promosse e stipulò i primi accordi internazionali con i Paesi della Comunità europea, con Israele e con i Governi africani dell’area mediterranea per la lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata.

Eletto Presidente della Repubblica il 25 maggio 1992, all’indomani della terribile strage di Capaci, si trovò sin dall’inizio del suo mandato a fronteggiare uno tra i più difficili e delicati periodi della storia repubblicana. Da Capo dello Stato, così come da deputato e da Presidente della Camera, e negli ultimi anni da membro del Senato, si è sempre speso con determinazione e generosità nella difesa della Repubblica fondata sulla Costituzione, nella convinzione che essa dovesse rappresentare, in ogni circostanza, la stella polare su cui orientare l’azione della politica nella contingenza delle singole scelte.

Cattolico fervente ed impegnato, propugnò e difese, durante tutto il suo impegno politico e istituzionale, la laicità dello Stato.

Con Oscar Luigi Scàlfaro scompare uno dei principali protagonisti della vita politica e istituzionale dell’Italia repubblicana, un esempio di coerenza ideale e di integrità morale, una figura di riferimento non soltanto per i cattolici impegnati in politica.

Ho già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidero ora rinnovare anche a nome dell’Assemblea invitandola ad osservare un minuto di silenzio (L’Assemblea e i membri del Governo osservano un minuto di silenzio – Generali applausi).

PIER LUIGI BERSANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIER LUIGI BERSANI. Signor Presidente, aderisco alle sue parole di commemorazione, di cordoglio e ne aggiungo qualcuna personale.

Il ruolo di Oscar Luigi Scàlfaro, nella vicenda italiana, attualmente, dovrà essere meditato, approfondito. Già dalle prossime settimane il Partito Democratico cercherà di dare un primo contributo di riflessione. Tuttavia, credo che le poche parole che si possono dire in quest’Aula abbiano un significato particolare perché risuonano nel luogo che Scàlfaro riteneva baricentrico della democrazia italiana.

Credo che sia giusto qui, brevissimamente, davanti alla morte e deposte le contese, pronunciarsi sul suo lascito, su quello che si ritiene essenziale del suo lascito. Per me e per noi, due cose sono fondamentali; la prima è la dignità, il ruolo e l’autonoma responsabilità della politica, quella che è stata chiamata, da molti commentatori, la laicità del religiosissimo Scàlfaro e che in fondo, in realtà è la concordia-discordia sempre da regolare fra cittadino e persona. Credo che Scàlfaro ci lasci, a questo proposito, un messaggio: non è affatto vero che ragionare con la testa di tutti e con i diritti di tutti, come deve fare la politica, non sia compatibile con forti e radicate convinzioni personali; anzi, forti convinzioni personali possono far capire meglio che la politica deve essere ispirata dalle proprie convinzioni, ma non deve essere al servizio delle stesse.

Il secondo lascito che, per noi, va sottolineato è naturalmente quello che riguarda la Costituzione, quella specie di religiosità costituzionale, forse si può dire così, di Oscar Luigi Scàlfaro, che non era mai, in nessun modo – ne siamo tutti testimoni – un atteggiamento di conservazione burocratica; semmai egli era nobilmente conservatore, come si usa dire.

Scàlfaro ha sempre detto, lo abbiamo sentito mille volte, che la Costituzione, la Carta va aggiornata purché questo avvenga nello spirito della Costituzione, cioè nella convergenza, non nella divisione, e purché non venga toccato il cuore della Costituzione stessa. Certamente, in questo cuore Scàlfaro metteva anche l’assetto parlamentare della nostra democrazia; ai suoi occhi questo assetto poteva essere riformato, aggiornato, modernizzato ma non soppiantato o deformato.

Ora, si può essere o meno d’accordo con questo, ma bisogna riconoscere tutti che fu questo e non altro, non questioni politiche o personali, il terreno di confronto, anche aspro, di quegli anni. Credo che questo tema rimanga, sia ancora davanti a noi.

Chiudo su questo pensiero; credo che la domanda su quale democrazia vi sarà, domani, per il nostro Paese sia ancora drammaticamente presente, non possa svilirsi nella polemica politica quotidiana e richieda un confronto alto, serio, fuori dalla polemica, lo ripeto, quotidiana, non rinunciando all’idea che sia possibile, da questo confronto, avere decisioni di riforma.

Un’ultimissima considerazione: ad uno ad uno i padri costituenti se ne vanno e si sta assottigliando via via il numero delle grandi e nobili riserve della Repubblica, cioè delle personalità capaci di interpretare tutto il filo logico e civico della nostra vicenda politica, sociale, dalle origini dell’Italia repubblicana ad oggi. Figure, queste, che, non a caso, hanno avuto in passaggi difficili della Repubblica un loro ruolo. Allora, mentre tutti rivendichiamo, sottolineiamo l’esigenza di un rinnovamento, anche generazionale, della politica, dobbiamo però anche chiederci: senza quelle figure come si riprodurrà quell’affetto consapevole e orgoglioso verso le proprie origini costituzionali, verso la propria vicenda repubblicana che è da sempre la vera forza delle grandi democrazie, come gli Stati Uniti, l’Inghilterra e la Francia ? Come la riprodurremo, con chi, come si farà? Credo che a tutti tocchi dare una risposta. Per quel che ci riguarda abbiamo puntato sul rinnovamento di un’idea di partito che sia pienamente dentro la vicenda democratica nazionale e, quindi, sia capace anche di trasmetterla.

Abbiamo detto: un partito del lavoro, dell’unità della nazione, della Costituzione. Per parte nostra questo è il nostro impegno e la promessa che facciamo a Oscar Luigi Scalfaro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

ITALO BOCCHINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ITALO BOCCHINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, per Futuro e Libertà e per la storia personale di molti di noi è complesso commemorare un importante personaggio politico della nostra Repubblica quale è stato il Presidente emerito Oscar Luigi Scalfaro.

Ci troviamo oggi a commemorare e ricordare qui, in un’Aula che lo ha visto protagonista per molto tempo, un esponente politico di rilievo, un costituente, ma non possiamo non dire che nella valutazione politica si è anche trattato di un esponente politico assai controverso. Controverso sin dal suo lavoro in magistratura e controverso perché anticonformista, diverso dagli altri nella Democrazia Cristiana, anche in Parlamento.

Questa valutazione nel definirlo controverso la facciamo sia analizzandone alcuni momenti pesantemente negativi – secondo noi – che non abbiamo condiviso, così come momenti coraggiosi e positivi. Non possiamo, ad esempio, dimenticare quando in quest’Aula, da solo, mentre il cosiddetto arco costituzionale suffragava la tesi dello stragismo di destra nel caso dell’orribile, orrenda, strage del rapido 904, lui con coraggio prese la parola prendendo le distanze da quella tesi facile, semplicistica, secondo la quale vi era subito un colpevole politico da gettare in pasto all’opinione pubblica.

Questo era Scalfaro, controverso negli eccessi, da un lato e dall’altro. Ma con la sua difesa garantista dimostrò che era, però, un uomo libero nei suoi giudizi.

Vi è poi stata, dopo la sua elezione, la parentesi del 1994, che molti di noi hanno vissuto in prima persona. In quel momento Scalfaro si trovò a gestire due crisi molto profonde nel nostro Paese: la prima, la vicenda di tangentopoli e la questione morale all’interno dei partiti e del Parlamento; la seconda, l’introduzione da parte dei partiti e dell’elettorato di una sorta di elezione diretta del Presidente del Consiglio che voleva velocemente bypassare tutti i pesi e i contrappesi previsti dalla nostra Costituzione.

Lui si mise di traverso. Con riferimento al tentativo di utilizzare una maggiore democrazia diretta, che tutti avevamo auspicato e che riteniamo tuttora essere stata un bene per la nostra democrazia, lui si mise di traverso rispetto a chi voleva considerare la democrazia diretta una scorciatoia per giungere al populismo, al plebiscitarismo, oppure per smantellare quel sistema di pesi e contrappesi che è la vera forza della nostra Costituzione, la nostra vera forza dell’architettura repubblicana. Allora lo contrastammo, fortemente, e ricordo i leader di quella che era la maggioranza in Parlamento dopo il ribaltone voluto dalla Lega, che andò a governare insieme con la sinistra nel Governo Dini.

Lo contrastammo così duramente che i leader politici di coloro che ancora ritenevano di avere la maggioranza tra gli elettori si rifiutarono per mesi di incontrare il Presidente della Repubblica. Poi, una lunga e fruttuosa mediazione dell’allora nostro presidente di gruppo, Giuseppe Tatarella, portò anche ad una ricucitura istituzionale, che permise la fine di quel settennato con un clima di scontro minore rispetto a quello che precedentemente era stato registrato.

Oggi, a distanza di tanti anni, nel momento in cui salutiamo Scalfaro come deputati e salutiamo il Presidente emerito della Repubblica, guardando a lui in quel momento in cui certamente forzò le regole costituzionali e i poteri del Presidente della Repubblica, gli va riconosciuto che per certi versi aveva visto giusto.

Aveva capito prima di altri, forse perché costituente, forse perché ex Presidente della Camera, forse per la sua esperienza, che c’era il rischio di una deriva populista e plebiscitaria – che affermò forse con troppa forza – ma certo la comprese molto prima di alcuni di noi (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo e di deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PINO PISICCHIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, al netto delle cerimonie di commiato che si devono ad un Presidente emerito, oggi il Parlamento si ritrova con autentica partecipazione – almeno per i deputati che avvertono il senso di appartenenza alle istituzioni e il rispetto per i morti – a ricordare la figura di un politico a tutto tondo, uno degli ultimi padri della patria che credette nella politica come dimensione nobile dell’azione umana.

Come accade in queste circostanze, il profilo dello statista è stato evocato nei tratti salienti – il Presidente lo ha fatto in modo mirabile – che lo consegnarono all’immaginario sociale. Scalfaro fu, dunque, il cattolico rigoroso, il magistrato, il servitore delle istituzioni, il Presidente della Repubblica che accompagnò l’ordinamento a compiere la più difficile transizione della sua storia democratica.

E non v’è dubbio che ognuna di queste letture della personalità complessa di Scalfaro racchiuda una dimensione in cui è pienamente rispecchiata la sua figura, così come quella che ha rappresentato forse la più dibattuta questione nella dialettica politica del tempo recente, e vale a dire la scelta di conferimento dell’incarico di formazione dell’Esecutivo a personalità chiamate a caratterizzare con un profilo tecnico la compagine di Governo.

La querelle è ancora aperta anche in dottrina. In un regime elettorale maggioritario è sufficiente che il Capo dello Stato conferisca l’incarico di Governo a chi è in grado di raccogliere la maggioranza in Parlamento o esiste, in questo caso, un vincolo ulteriore rappresentato dalla partecipazione alla stessa maggioranza dei partiti risultati vittoriosi alle elezioni?

Scalfaro compì una scelta impeccabile dal punto di vista formale, aderendo allo spirito e alla lettera degli articoli 92, 93 e 94 della Costituzione e alla forma parlamentare del sistema costituzionale, e compì quella scelta difficile in un contesto di emergenza che, per certi aspetti, presenta profili di somiglianza con l’attuale contingenza, anche con riferimento al profilo totalmente tecnico dei Governi di allora e di oggi.

Toccò in sorte, dunque, ad un uomo politico nato e formato nella cultura della grande stagione costituente, di traghettare l’Italia dei partiti, l’Italia della democrazia consensuale verso l’Italia del maggioritario in cui i grandi partiti di massa, che avevano fatto la Costituzione, si avviavano al tramonto, anche per la spinta intrinseca del nuovo sistema.

In questa navigazione complessa non ebbe che una bussola: quella, appunto, della Carta costituzionale che lui stesso aveva concorso a scrivere.

Ma Oscar Luigi Scalfaro fu essenzialmente un uomo politico, nel senso più alto e più desueto di questo nobile termine. Politico, uomo che consacra alla comunità dei cittadini la sua stessa esistenza per cambiare in meglio la qualità della vita collettiva, per affermare le ragioni del bene comune, parole che oggi forse posso a qualcuno risuonare retoriche, ma che hanno rappresentato la ragione di vita del Presidente Scalfaro e della sua generazione, il cui insegnamento, colleghi, faremmo bene tutti a raccogliere fino in fondo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l’Italia).

LEOLUCA ORLANDO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LEOLUCA ORLANDO. Signor Presidente della Camera, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, il dolore personale e la folla di ricordi debbono cedere il passo alla memoria di un grande italiano e di un grande statista. Oscar Luigi Scalfaro ha presieduto questa Camera dei deputati nel 1992, assumendo dopo poche settimane l’incarico di Presidente della Repubblica.

La Presidenza di Oscar Luigi Scalfaro iniziò nel maggio ’92 nei terribili giorni dell’Italia della paura e della vergogna, paura e vergogna legate a corruzione e a stragi di mafia (tangentopoli e mafiopoli). La Presidenza di Oscar Luigi Scalfaro si concluse nel 1999, dopo la formalizzazione dell’Italia nell’eurozona sin dalla sua costituzione. Assunse poi, come è noto, l’incarico di Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, artefice con il Governo Prodi di quel risultato. Quel riconoscimento del ruolo dell’Italia era lontano anni luce dalla paura e dalla vergogna di quel terribile 1992.

Antifascista, magistrato, cattolico di fede e di pratica quotidiana, svolse con grande attenzione il ruolo di Ministro dell’interno nella metà degli anni Ottanta – come lei, onorevole Presidente, ha ricordato – dedicando tutte le sue energie a dare fiducia a quanti erano impegnati nel fronte della lotta alla mafia e a consentire il regolare svolgimento del maxiprocesso contro oltre 400 esponenti delle cosche. Tale processo è iniziato il 10 febbraio 1986.

Svolse con grande umanità, consapevole di difficoltà ed errori, il ruolo di Ministro dell’interno, trasformando la rabbia dei poliziotti, indignati per lo stato di abbandono nel quale erano lasciati nella lotta contro la mafia, in orgoglio di servire una causa giusta. In quell’occasione, come in tante occasioni della sua vita politica e istituzionale, non rinunciò mai al tratto umano e al rispetto di ogni persona umana, di tutti e di ciascuno.

Dal 1999, sino a poche settimane prima della sua morte, ha promosso iniziative, incontri con i giovani, conferenze a difesa della legalità costituzionale. Sempre con Oscar Luigi Scalfaro scompare un cattolico dalla fede vissuta, con coerenza e nel Pag. 80quotidiano. Scompare un credente dalla grande laicità contro fondamentalismi, arrogante cultura di appartenenza e inutili clericalismi. Scompare un testimone prezioso e un modello alternativo rispetto ad un Paese che conosceva – e purtroppo conosce – quei fondamentalismi, quel clericalismo e quella cultura di appartenenza.

Scompare con Oscar Luigi Scalfaro un politico integerrimo, di antica famiglia calabrese, trasferitosi in Piemonte, che ha vissuto anche negli anni della Presidenza e fino alla morte in un appartamento di periferia della Capitale, in compagnia della carissima figlia Marianna alla quale l’Italia dei Valori è vicina nel dolore, nel ricordo e nella preghiera.

Scompare un testimone prezioso e un modello alternativo rispetto ad un Paese che conosceva e conosce politici corrotti e resi ricchi dall’uso spregiudicato del potere, che senza ritegno ostentano privilegi e dissoluti stili di vita.

Grazie, Presidente Scalfaro, per la tua intransigenza, per la tua coerente tensione etica e strenua difesa del Parlamento e della legalità costituzionale. Ti rendiamo omaggio, così come omaggio e conferma della tua grandezza sono le critiche che anche oggi ti vengono rivolte. Gli insulti, quelli restano a chi ti insulta (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro per il Terzo Polo).

ROCCO BUTTIGLIONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, Oscar Luigi Scalfaro è stata una persona personalità controversa della nostra vita politica. Il rispetto davanti alla morte impone a ciascuno di noi una riflessione su Scalfaro, ma anche su se stessi e sulle scelte e sulle lotte che abbiamo condotto. È stato per molti un avversario politico e lo è stato anche per me.

Una prima lezione credo che sia questa. È stato detto che era un uomo di fede rigorosa e profonda. È possibile condividere la stessa fede ed avere posizioni politiche talvolta molto diverse, anche opposte, senza mai mettere in discussione la fede dell’altro, mettendo in discussione semmai l’adeguatezza e l’opportunità delle sue scelte politiche. Questa è una prima Pag. 81regola che quelli che fra di noi sono credenti credo debbano trarre dall’esperienza morale, prima ancora che politica, di Oscar Luigi Scalfaro.

Negli anni della decadenza morale della Democrazia Cristiana è un uomo che ha cercato di porre un argine a questa decadenza. Era molto legato ad un’idea antica di Democrazia Cristiana, quella per la quale l’impegno dei cristiani all’interno della politica ha la funzione fondamentale di evitare la corruzione morale delle democrazie. Le democrazie infatti muoiono per la loro corruzione, per l’incapacità di porre argine alla corruzione, per quella che Platone chiamava la sofistica e che Benedetto XVI chiama, invece, il relativismo morale. Credo che anche questa seconda lezione della vita di Oscar Luigi Scalfaro interroghi la coscienza di molti tra di noi, forse la coscienza di tutti noi, perché il riconoscimento di questo ruolo del riferimento a valori fondanti l’identità nazionale, prima ancora della Costituzione, credo che sia caro anche a molti che non condividono la fede cristiana.

Una terza riflessione ci impone di guardare alla Costituzione. Oscar Luigi Scalfaro è stato un difensore della Costituzione, ha difeso la Costituzione repubblicana nei suoi valori fondamentali e nelle forme storiche che questi hanno assunto all’interno della nostra vicenda. È questo il punto su cui la sua memoria è oggi ancora al centro di una discussione e ciò perché le questioni che allora si posero non sono state risolte, sono ancora davanti a noi e rimangono ancora da affrontare.

Si trovò a fare il Presidente della Repubblica in una fase in cui si proclamò una nuova costituzione materiale, la religione del bipolarismo, che venne opposta alla Costituzione cosiddetta formale, che era stata approvata ed aveva regolato la vita del Paese in tutto questo tempo.

Oscar Luigi Scalfaro non poteva accettare la vigenza di una costituzione diversa da quella che era stata approvata dai padri costituenti: si trovò costretto a tentare di rileggere e di reinterpretare la Costituzione vigente, accogliendo e dando risposte positive a nuove domande che emergevano dalla società, senza però poter accettare la pretesa che esistesse un’altra Costituzione e senza poter accettare che le situazioni fossero misurate sulla base di un’altra costituzione, meno che mai di un’altra religione. Conoscendo Scalfaro si può immaginare quale fosse la sua reazione all’idea che vi fosse non solo una commissione politica relativa al bipolarismo, ma addirittura una religione del bipolarismo.

Dobbiamo dire che questi temi sono ancora non risolti davanti a noi: dove e come trovare il giusto punto di equilibrio tra i valori di una Costituzione, che noi tutti vogliamo riconoscere, e le nuove esigenze che si sono poste davanti a noi? La linea che allora fu individuata fu quella del riconoscimento della intangibilità della parte I della Costituzione e, invece, della possibilità e necessità di rivisitare la parte II. Mentre una parte del dibattito non ha, in realtà, riconosciuto l’intangibilità della parte I della Costituzione, non siamo riusciti ancora efficacemente a riformare la parte II negli aspetti che sembrano opportuni.

Su questo si innesta la discussione che ebbe luogo – ed ha luogo ancora oggi – sulla legge elettorale perché non si può separare una legge elettorale da una visione costituzionale. In tutte queste vicende e in tutte queste lotte che hanno opposto con grande violenza una parte del Paese ad un’altra, Oscar Luigi Scalfaro ha sempre cercato di mantenere il ruolo del Presidente come custode della Costituzione e insieme custode dell’unità del popolo italiano. Il suo lascito è un compito che sta ancora davanti a noi. Sit tibi terra levis (Applausi dei deputati del gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo e di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Partito Democratico)!

RENATO CAMBURSANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, da piemontese eletto nel collegio «Piemonte 2», che comprende anche la città e la provincia di Novara, mi sento in dovere di lasciare a memoria il mio pensiero ad Oscar Luigi Scalfaro, dal quale ho appreso tanti insegnamenti dei quali spero ancora nella mia vita di poter fare tesoro. Sono state parecchie le occasione di incrocio tra le nostre vite, come sindaco della mia città e lui Ministro dell’interno prima, e poi come senatore della Repubblica.

Mi ha sempre e solo insegnato due cose, da partigiano, quale lui era – come lo era anche papà – o meglio difendere sempre due grandi valori: quelli della libertà e della democrazia, dei quali non dovremmo mai dimenticarci, soprattutto in momenti come questo.

Due erano i grandi riferimenti del Presidente Scalfaro: da una parte, come cattolico, come cristiano, il Vangelo, con tutto quello che questo ci insegna, dall’altra, come politico, la Costituzione, e aveva un riferimento costante, che era quello della difesa, sempre, della centralità del Parlamento.

Egli era più un uomo delle istituzioni che un uomo di partito: come democratico cristiano non aveva una sua corrente vera e propria, come si chiamavano allora, ma ha sempre difeso davvero i valori fondanti della nostra democrazia. A lui quindi il mio grazie, alla figlia Marianna ancora il mio senso di cordoglio e la mia preghiera per la sua anima (Applausi di deputati dei gruppi Misto e Partito Democratico).

FABRIZIO CICCHITTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, consentitemi preliminarmente, senza alcuna concessione all’ipocrisia, di prendere di petto una questione che riguarda la scelta fra la dialettica assoluta amico-nemico e quella invece, di carattere più relativo, che dichiaro di preferire, perché la considero più fisiologica rispetto al libero confronto in una democrazia, di amico-avversario, che consente l’esplicita dichiarazione di cordoglio per la scomparsa di un avversario del centrodestra tra i più eminenti, agguerriti, sistematici, quale certamente è stato Oscar Luigi Scalfaro, anche nell’esercizio della sua più alta carica istituzionale, quella di Presidente della Repubblica.

A monte dei singoli atti, con il Presidente Scalfaro è esistito un serio dissenso politico-culturale. In primo luogo, come è stato ricordato ieri dal senatore D’Onofrio, ci ha diviso una questione di fondo: per Scalfaro il primato del Parlamento e della Costituzione vinceva su tutto, per Berlusconi, per noi, entro certi limiti vale innanzitutto il primato del popolo, specie se esso si è espresso e si esprime nella forma più alta della democrazia, che sono le elezioni, l’autentico scettro del principe.

Di qui, ma non solo, sono derivati una serie di dissensi politici. Chi vi parla non ha condiviso l’atteggiamento del Presidente Scalfaro durante gli anni terribili del periodo 1992-1994, in primo luogo per il rifiuto del decreto Conso, ma non solo per esso, anche per lo scioglimento anticipato di un Parlamento che ancora manteneva una maggioranza e una fiducia al Governo in carica.

Nella fase successiva, nel 1994, non abbiamo condiviso la posizione assunta sul decreto Biondi e, ancora di più, abbiamo dissentito dalla scelta di non procedere ad elezioni anticipate dopo la crisi del primo Governo Berlusconi, sottoposto, peraltro, nel corso della sua esistenza, ad una sorta di stringente sorveglianza, che derivava dall’esistenza di una distanza molto profonda tra chi riteneva di esprimere e di rappresentare tutta la continuità della storia della Repubblica e della Costituzione e chi, invece, dava voce ad un’esigenza di profonda novità politica e anche istituzionale.

Onorevoli colleghi, l’esistenza di così profondi dissensi, qui sinteticamente ricordati, non impedisce a chi, per esplicitare fino in fondo le posizioni, è un convinto revisionista, non solo della seconda, ma anche di alcuni aspetti della prima parte della Costituzione, di esprimere il proprio cordoglio per la scomparsa di una voce che sosteneva la tesi esattamente opposta.

Infatti, il senso del dibattito democratico, e ancor di più di quello parlamentare, sta anche in questa capacità reciproca di ascolto delle posizioni più distanti, che possono comunque sia sollecitare una riflessione sia stimolare un’argomentata contestazione. Questo è il sale, ma anche la normalità della democrazia; una normalità che, invece, assai raramente caratterizza quella che è l’anomalia italiana, che oscilla tra il conformismo opportunista e la demonizzazione dell’avversario politico, considerato un nemico e trattato come tale.

Per dare un modesto contributo al possibile, anche se tutt’altro che certo, superamento di questa logica, abbiamo consapevolmente scelto di affrontare una storia politica da noi molto lontana, da noi, anzi, contrastata a viso aperto, ed esprimere, in questo quadro, il nostro cordoglio per la morte del Presidente Scalfaro (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Signor Presidente, in questa occasione solenne per la Camera, a nome del Governo e del Presidente del Consiglio, desidero associarmi al cordoglio del Parlamento e della nazione per la scomparsa del Presidente Scalfaro. Un cordoglio che sentiamo nostro.

Vorrei esprimere l’affettuosa vicinanza e partecipazione al dolore della famiglia e della figlia, signora Marianna.

Il Governo rende omaggio alla figura di un italiano che ha dedicato la sua vita al servizio delle istituzioni, al padre costituente, all’uomo di Governo, al Capo dello Stato (Applausi).

PRESIDENTE. A questo punto, anche considerando che risultano convocate diverse Commissioni, interrompiamo i lavori che riprenderanno alle ore 15 con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.